da IstanbulIeri a Güngören, il quartiere di Istanbul dove sono esplose le due bombe che hanno ucciso 17 persone, da molte finestre pendeva la bandiera nazionale. È un messaggio per il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan. E allo stesso tempo una manifestazione dell’identità del popolo turco, che crede nella nazione fondata da Mustafa Kemal Atatürk e in frasi come «ne mutlu Türküm diyene», felice di essere turco e «Vatan bölünmez», la Patria è indivisibile. Una, anche se certo la più importante, delle anime del popolo turco, che dal 1923, data dell’inizio dell’età repubblicana, è in bilico fra Oriente e Occidente, tra tradizione islamica e lo stato moderno fondato dal Padre della Patria. Perché il problema della nazione turca è quella di contenerne due, forse tre. La prima si richiama alla componente religiosa che storicamente caratterizza il Paese. La seconda, quella di Atatürk, vede quella stessa matrice come una minaccia. Mai trasparente, il rapporto tra le due Turchie si è avviluppato in un groviglio sempre più inestricabile in cui la parte meno visibile è quella rappresentata dal cosiddetto Stato Profondo, in tempi più recenti chiamato Ergenekon. Uno stato nello stato, accusano i partiti di governo, un network sotterraneo nato in ambienti laici e militari con l’obiettivo, da raggiungere con un colpo di stato in preparazione, di inficiare il voto popolare e di recente stroncato con una serie di arresti (tra cui alcuni generali).
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